Categorie
FAScinA 2020_Le sperimentali: tra cinema, videoarte e nuovi media

Nancy Holt

a cura di Federica Stevanin

Nancy Louise Holt nasce il 5 aprile 1938 a Worcester in Massachusetts per poi, tre anni dopo, trasferirsi giovanissima con la famiglia nel New Jersey. Nel 1956 Holt inizia a frequentare la Tufts University a Boston, affiancando ben presto il suo interesse per la biologia a quello per l’arte: frequenti sono infatti i suoi viaggi a New York, città nella quale ha modo di entrare in contatto e stringere amicizia con diversi artisti tra i quali il coetaneo Robert Smithson. Dopo essersi laureata in biologia nel 1960, nell’autunno dello stesso anno Holt si trasferisce a New York intrecciando con Smithson un sodalizio artistico e di vita (si sposano infatti nel 1963) che dura fino al 1973, quando Smithson perde la vita in un tragico incidente aereo ad Amarillo in Texas. 

Come la stessa Nancy Holt ha più volte sottolineato, il suo è stato un lento ingresso nel mondo dell’arte dovuto sia alla difficoltà – condivisa peraltro con altre artiste – di riuscire a farsi strada in un ambito maschile, come quello dell’arte concettuale, sia alla necessità di “darsi tempo”, cioè di permettersi di vivere tutta una serie di esperienze che le consentissero di trovare una propria voce oltre al rapporto di collaborazione con Smithson,  artista attivo sul fronte del Minimalismo e dalla fine degli anni Sessanta impegnato nei suoi primi interventi di Land Art. Pur avendo già iniziato a utilizzare la fotografia, è però accompagnando Smithson nelle sue perlustrazioni del territorio americano che Holt inizia a usare la cinepresa allo scopo di creare dei materiali utili alla documentazione e all’elaborazione delle idee del marito; dopo la morte di Smithson, i girati di Holt con la sua Bolex camera sono diventati dei film, come Mono Lake (Holt/Smithson, 1968-2004), The Making of Amarillo Ramp (1973/2013) e Breaking Ground: Broken Circle/Spiral Hill (1971/2011). 

Oltre alla collaborazione con Smithson, nella poetica di Holt la fotografia e soprattutto il film diventano dei mezzi capaci di farle sperimentare quella che in un suo testo lei stessa descrive come “la visione all’interno dei confini della vista” (Vision, 1973). Per l’artista la macchina fotografica e la cinepresa divengono degli strumenti attraverso i quali è possibile sondare tanto i limiti quanto le possibilità della visione grazie alla perfetta identificazione che si instaura tra il proprio occhio e l’obiettivo. Quest’attenzione ai meccanismi della visione è presente non solo nei film realizzati dall’artista, ma anche in diverse sue opere come i Locator (dal 1971). Si tratta di una serie di elementi tubulari fissati al suolo e terminanti in una sorta di visore monoculare che vengono puntati dall’artista o verso l’interno di una stanza o verso l’esterno in modo da funzionare come “localizzatori” della vista: il pubblico è invitato a guardare attraverso un Locator per scoprire un particolare dettaglio di una stanza o del paesaggio urbano (nel caso dei Locator installati nel 1971 nello studio dell’artista nel Greenwich Village) oppure del paesaggio (Missoula Ranch Locators, Vision Encompassed, 1972). I Locator sono tra i primi lavori nei quali Holt sperimenta i limiti di campo della visione e allo stesso tempo le possibilità immaginative che questi possono aprire. L’effetto a cannocchiale che si sperimenta guardando attraverso i Locator li rende certamente collegati alle sue contemporanee sperimentazioni con la cinepresa: Holt comprende infatti come il guardare il mondo attraverso l’obiettivo della cinepresa le permetta di riflettere anche sui complessi meccanismi della visione. In diversi film Holt si dà proprio l’obiettivo di indagare la percezione visiva a partire da un’esperienza di attraversamento fisico di un ambiente naturale da lei registrata servendosi di una cinepresa amatoriale. Ad esempio in Swamp (1971), uno dei film realizzati assieme a Smithson, Holt filma senza mai allontanare l’occhio dall’obiettivo della sua Bolex il suo addentrarsi all’interno di uno stagno delle Jersey Meadowlands mostrandoci come, semplicemente restringendo il campo visivo, un canneto possa trasformarsi magicamente davanti ai nostri occhi in un dinamico pattern astratto. In un altro film, ovvero Pine Barrens (1975), Holt intesse un racconto visivo che rende conto dei diversi e sorprendenti punti di vista tramite i quali la cinepresa può trasfigurare poeticamente il paesaggio delle Pine Barrens del New Jersey. 

Ai film Holt affianca inoltre una ricca e contemporanea sperimentazione anche con il videotape; tra questi ricordiamo: East Coast/West Coast (1969), Boomerang (con Richard Serra, 1973), Going around in circles (1973) e Revolve (1977). 

L’opera di Nancy Holt è promossa e tutelata dalla “Holt/Smithson Foundation” (Santa Fe, New Mexico, USA; sito internet ufficiale: https://holtsmithsonfoundation.org/). I film e i video di Nancy Holt e di Robert Smithson sono distribuiti anche da Electronic Arts Intermix (New York, USA).