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FAScinA 2020_Le sperimentali: tra cinema, videoarte e nuovi media

Cindy Sherman e Orlan

a cura di Sara Tongiani

Cindy Sherman 

Statunitense, nata alla fine degli anni Cinquanta, Cindy Sherman si occupa da sempre dei codici sociali, visivi e culturali che contribuiscono alla costituzione dell’identità, scomponendoli e ricomponendoli attraverso la fotografia e l’arte. Tra le artiste più significative della Pictures Generation, Sherman si distingue per la capacità di ri-montare l’immaginario popolare, pubblicitario e cinematografico, al centro di autoritratti sui generis, in cui l’artista crea e interpreta personaggi, figure e typos. Le opere di Sherman esplorano “il lato oscuro” della società, indagando il ruolo della donna attraverso dinamiche tipiche delle azioni performative e riflessioni femministe che investono il valore e lo statuto del corpo e della sessualità.  

Nella sua prima serie, Untitled Film Stills (1977-80), Sherman allestisce veri e propri set di scena, dettagliatissimi e puntuali, del tutto simili a quelli cinematografici, popolari e familiari per lo spettatore. Le fotografie di questa serie svolgono un racconto discontinuo eppure lineare, basato su stereotipi sociali quali la casalinga infelice, l’amante abbandonata e la giovane bella e ingenua. Con una predilezione per gli effetti teatrali, Sherman spesso rivela i propri trucchi in modo consapevole e studiato, mal celando le parrucche posticce e le protesi esagerate. Il gusto per l’elemento grottesco, ironico e smaccatamente artificiale enfatizza la critica sociale, politica e poetica, della costruzione artefatta del sé e dell’identità. Questa discussione si perpetua ancora oggi, Sherman infatti continua a trasformarsi, mostrando la diversità dei tipi umani, degli stereotipi e l’artificiosità delle loro identità in una serie di immagini digitali, distorte e manipolate, che condivide sul proprio profilo Instagram. 

Orlan 

Orlan nasce alla fine del maggio 1947 a Saint-Etienne, in Francia, e ancora giovanissima, negli anni Sessanta, si impone come performer innovativa e irriverente. Da subito in contrasto con la matrice “lesionista” della body art, che prevede dolore e sofferenza, Orlan utilizza il proprio corpo come medium e forma di linguaggio, affiancando alla sperimentazione estetica la formulazione teorica, culminata poi nel Manifeste de l’art charnel (1986). Da oltre cinque decenni, Orlan manipola il proprio aspetto, volto e corpo: concretamente, attraverso metamorfosi auto-chirurgiche (trasmesse anche in remoto) che trasformano la sala operatoria nello studio dell’artista (La Réincarnation de Sainte ORLAN, 1990), e virtualmente, ricorrendo alle pratiche post-produttive dell’immagine digitale (Self-hybridations; Entre Deux, 1997). Orlan è fra le artiste francesi maggiormente conosciute e apprezzate nel contesto e nel circuito dell’arte europeo e internazionale: con le sue opere contamina media diversi, ricorrendo ad azioni performative, alla scultura, alla fotografia, ai video, alla tecnologia 3D e a quella della realtà aumentata, al gaming e alla biotecnologia. La discussione delle logiche capitalistiche, del mercato e del canone artistico, la riconfigurazione del corpo, del sé e dell’alterità, nonché la ridefinizione del genere e delle sue implicazioni sono solo alcuni fra i principi fondamentali alla base della poetica e delle opere di Orlan. L’artista sfrutta allo stesso tempo il registro parodico, grottesco e ironico combinandoli con l’impegno e l’ardore politico, etico e sociale. Se a partire dagli anni Sessanta Orlan discute produttivamente lo statuto del corpo e le sue implicazioni politiche, religiose e sociali, oggi la sua riflessione si avvale delle nuove tecnologie, della biotecnologia e degli spazi del virtuale per interpretare e manipolare ancora una volta l’arte, la vita, la realtà.