di Jennifer Malvezz e Bianca Trevisan


Abstract:
Negli anni Settanta molte artiste cambiano radicalmente il loro modo di pensare e fare arte adottando un approccio intermediale, non inteso come un processo mirato all’ottenimento di un’opera finita, bensì come un percorso di consapevolezza e un tentativo di mettere in luce la propria soggettività. Le pratiche sperimentali di Valentina Berardinone sia nel campo delle arti plastiche che in quello della produzione filmica sono in questo senso esemplificative.
Attraverso una metodologia d’indagine «transarchivistica» (D. Cavallotti, 2019), volta a mettere in relazione documenti, sculture, disegni, fonti orali e audiovisive provenienti da differenti corpus archivistici il contributo rilegge la produzione dell’autrice alla luce dei nuovi materiali, talvolta inediti, emersi in fase di ricerca.
A partire dal libro d’artista L’arte dell’immagine. A mia immagine e somiglianza (V. Berardinone, 1978), una sorta di un diario intimo e personale, emergono una serie di temi ricorsivi di tutto il lavoro di Berardinone. In questostoryboard alla rovescia i disegni ottenuti ricalcando i fotogrammi dei suoi stessi film così come le tracce delle sue sculture, mettono in pratica passaggi mediali volti alla ricerca del sé in un «accadere senza fine».
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