di Simona Busni

Abstract:
Due profili elementari si fronteggiano nello spazio vuoto della pagina bianca. Speculari e rovesciati in una simmetria proiettiva arbitraria: a connettere le loro labbra rosse, languidamente socchiuse, un fascio di raggi scuri (voce? respiro? luce? materia?) che sembrano tendersi e fungere da interlinea per le parole che vi galleggiano al di sopra e al di sotto: «Vibrations of the single cell can make universe vibrating and expanding». È questa la risposta d’artista che la performer Marina Abramović ha fornito recentemente al settimanale Vanity Fair nelle pagine di un numero speciale diretto da Paolo Sorrentino, in cui il regista immagina un’ipotetica Fase 4 che possa costituire il secondo atto ri-mediatizzato di La grande bellezza (2013). Sette anni dopo, è dunque l’artista in persona a rispondere a quella fatidica domanda sulla vibrazione, transitando attraverso i confini di un contesto mediale diverso, con un disegno che richiama alcune sue celebri performance del passato, tra cui, Rhythm 4 (1974), Freeing the Voice (1975) e AAA-AAA (1978). Partendo da questa sua ultima (ri)presentificazione, l’intervento rilegge alcuni aspetti della figura di Abramović, dando particolare rilievo alla questione della voce.
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Leggi la biografia di Marina Abramović a cura di Simona Busni